SOLARE TERMICO

Nel nostro ambiente domestico o lavorativo utilizziamo una notevole quantità d’acqua calda, principalmente per l’igiene personale ma anche per gli elettrodomestici quali lavastoviglie, lavatrici, oltre anche a quella necessaria per il riscaldamento.  L’Italia ha una condizione climatica molto vantaggiosa,  con la possibilità di sfruttare “gratuitamente” questi vantaggi che la natura mette a disposizione.

Le Finanziarie 2007 e 2008 hanno introdotto nel testo unico dell’ edilizia un nuovo obbligo per gli edifici di nuova costruzione, per ottenere il rilascio del permesso di costruire. Nei regolamenti edilizi comunali deve essere introdotta una norma: l’ installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’ intervento.

Per i fabbricati industriali, di estensione superficiale non inferiore a 100 metri quadrati, la produzione energetica minima è di 5 kW. Quasi sempre si tratta di porre in opera  solari pannelli fotovoltaici, perché il ricorso ad altre fonti rinnovabili (per esempio l’ eolico o il geotermico) sarà abbastanza raro. La legge n. 14 / 2009 ha prorogato fino al 1º gennaio 2010 il termine di decorrenza della norma.

Alcune leggi regionali hanno ripreso il nuovo dettato del Dpr n. 380 / 2001, introducendo però alcune variazioni. Esse valgono sempre per gli edifici di nuova costruzione, per le ristrutturazioni e / o gli aumenti volumetrici.

Piemonte
Almeno il 60% del fabbisogno annuale di energia primaria richiesto per la produzione di acqua calda sanitaria dell’ edificio deve essere assicurata da pannelli solari termici integrati nella struttura edilizia.

Liguria
Negli edifici di nuova costruzione deve essere prevista l’ installazione di impianti solari termici per la produzione di acqua calda, salvo comprovati impedimenti tecnici. Essi debbono essere dimensionati in modo da garantire la copertura del fabbisogno annuo di acqua calda ad uso sanitario non inferiore al 50 % (percentuale innalzata, dal 30%, dalla legge n. 16 / 2009). Per i nuovi edifici a qualunque uso adibiti è verificata in via prioritaria l’ opportunità del ricorso a fonti di energia rinnovabile per il soddisfacimento dei fabbisogni energetici per il riscaldamento, il condizionamento, l’ illuminazione e la produzione di acqua calda.

Lombardia (Dgr n. 8475 / 2008)
Metà dell’ acqua calda deve provenire da fonti rinnovabili oppure da una rete di teleriscaldamento, che sia alimentata anche da combustione di rifiuti e / o biogas, o da reflui energetici di un processo produttivo. Le eccezioni debbono essere giustificate da relazione tecnica.

Emilia Romagna
Nel caso di edifici di costruzione / ristrutturazione / nuova installazione di impianti termici, l’impianto di produzione dell’ energia termica dovrà essere progettato in modo che almeno il 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria sia coperto da fonti rinnovabili.

I sistemi solari termici utilizzano la radiazione solare, diretta e diffusa, per produrre calore. La luce solare viene “assorbita” dal collettore solare e trasformata in calore. Questo  calore viene trasferito ed immagazzinato in un sistema di accumulo per l’utilizzo finale.  La quantità di calore prodotta è proporzionale alla superficie del collettore solare e all’intensità della radiazione solare, pertanto alla sua corretta installazione.

I vantaggi nell’impiego dei sistemi solari termici sono principalmente nessuna emissione inquinante, assenza di combustione nel processo, lunga durata senza necessità di manutenzione, e risparmio economico associato al mancato utilizzo di fonti energetiche tradizionali.

I collettori solari possono essere installati su qualsiasi pertinenza dell’immobile di proprietà dell’utente. La fattibilità tecnica dell’installazione dipende dalla disponibilità sul sito d’installazione dei seguenti requisiti:

v      disponibilità della superficie necessaria per installare i collettori per il fabbisogno necessario (produzione di sola acqua calda sanitaria  (ACS) o anche per il riscaldamento degli ambienti); 

v      corretta esposizione ed inclinazione dei collettori.

Le condizioni ottimali di installazione sono relative ad una esposizione a Sud (accettata anche Sud-Est, o Sud-Ovest , con limitata perdita di produzione), con una inclinazione di 40/50°, in caso di fabbisogno costante di acqua calda durante l’anno. In caso di fabbisogno di acqua calda anche per il riscaldamento degli ambienti l’inclinazione consigliata è  50/60°. Per tutte le condizioni d’installazione deve essere garantita l’assenza di ostacoli in grado di produrre ombreggiamento sui collettori.

 

Studio Tecnico Boffi  può proporre dei sistemi  con la migliore resa estetica e configurazione  adeguata al fabbisogno necessario,  sistemi che richiedono da una parte un investimento modesto, compensato dal risparmio sulla bolletta del gas/elettricità, rientrando in tal modo nell’investimento, e dall’altro il vantaggio di partecipare in modo attivo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico.

Integrare i sistemi tradizionali per produrre acqua calda con un sistema solare termico, comporta infatti considerevoli riduzioni del consumo di combustibili fossili e delle emissioni inquinanti in atmosfera.

Per quantificare tale riduzione andiamo a valutare la quantità di anidride carbonica (CO2) emessa nell’atmosfera dai diversi modi comunemente utilizzati per produrre ACS (scaldabagno elettrico, caldaia a metano, pannelli solari) ricordando che tale elemento è ritenuto una delle cause dell’eccessivo surriscaldamento del pianeta terra.
Per produrre l’acqua calda necessaria al proprio fabbisogno una persona con uno scaldabagno elettrico utilizza circa 2kWh elettrici al giorno, con una emissione di circa 1,16 kg di CO2 al giorno per persona.
Con una caldaia a metano, la meno “inquinante” tra i diversi sistemi tradizionali impiegati per questo utilizzo, si produrranno circa 0,48kg di CO2 al giorno a persona.

Con i pannelli solari non si ha nessuna emissione di CO2 né di altri inquinanti atmosferici come le polveri, gli ossidi di azoto e ossidi di zolfo.

 

 

Pertanto solamente per la produzione di ACS, una famiglia media di 3 persone, può ridurre l’emissione di CO2 di circa 525kg/anno, se utilizza caldaia a metano,  fino a 1270kg/anno, con scaldabagno elettrico.

L’ulteriore vantaggio nell’installare un impianto solare termico per ACS è di natura economica, primo il risparmio sulla bolletta luce/gas per il  minor consumo e maggiormente per le agevolazioni fiscali messe in atto dallo Stato che consentono una detrazione del 55% degli investimenti finalizzati ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici tra cui figura anche l’installazione di impianti solari termici.

Le tipologie tipiche del solare termico sono a circolazione naturale e circolazione forzata.

Le installazioni a circolazione naturale sono quelle più economiche e semplici da realizzare, principalmente sono utilizzati nelle zone a maggior incidenza solare. Nei sistemi a circolazione naturale si sfrutta il principio naturale che l’acqua calda tende ad andare verso l’alto e quindi, senza l’ausilio di pompe elettriche, si riesce a far circolare il liquido all’interno dei pannelli solari, facendola confluire nel serbatoio che serve per conservare l’acqua calda. Il fluido dei pannelli solari, riscaldandosi con le radiazioni solari, sale verso il serbatoio di stoccaggio superiore, cedendo il suo calore all’acqua sanitaria attraverso lo scambiatore. Perdendo calore il fluido si raffredda e torna verso la parte inferiore dei pannelli solari rinnovando il ciclo di scambio. Il circuito del fluido non viene mai a contatto direttamente con l’acqua sanitari.

impianti a circolazione forzata: I sistemi a circolazione forzata sono un po’ più complessi di quelli a circolazione naturale perché il liquido del circuito primario è spinto da una pompa verso i pannelli solari. E’ necessario installare un sistema a circolazione forzata laddove il serbatoio di accumulo dell’acqua non può essere posizionato ad un livello più alto rispetto ai pannelli solari. Il bollitore può essere installato, solitamente, in un locale che funge da centrale termica.

 

Riscaldamento di ambienti

Il sistema solare termico può anche essere integrato per il riscaldamento di ambienti, in questo caso è meno semplice quantificare con precisione i risparmi ottenibili poiché ciò è fortemente influenzato dalle abitudini delle persone, dalla zona, dalla caldaia, della tipologia del collettore solare,etc…
Le attuali tecnologie permettono di ottenere una copertura del fabbisogno energetico per riscaldamento domestico anche pari al 60%, ma occorre fare qualche necessaria premessa.
Un impianto solare termico per il riscaldamento domestico si abbina tipicamente ad un impianto di riscaldamento funzionante a bassa temperatura ovvero un impianto costituito da pannelli radianti sotto pavimento. Ciò è dovuto al fatto che l’acqua è scaldata attraverso i pannelli solari ad una temperatura di circa 40-50 gradi centigradi e i pannelli radianti sotto pavimento, lavorando al meglio a tali temperature, consentono di ottimizzare l’efficienza del sistema portando il risparmio anche al 60%. Alimentare attraverso un impianto solare di medie dimensioni un normale impianto di riscaldamento a termosifoni significa poter ottenere un risparmio potenziale pari a “solo” il 20-30% poiché tali sistemi necessitano di acqua a temperatura superiore.

L’impiego di sistemi solari termici, sia per la produzione di acqua sanitaria che ad integrazione del riscaldamento, garantiscono molteplici benefici, tra i quali:

  • riduzione dalla bolletta energetica;
  • mancata emissione di CO2
  • minore necessità di infrastrutture per il trasporto dell’energia
  • mancata emissione di ossidi di zolfo, di azoto, e di pm10
  • indirettamente la diminuzione dei disastri ambientali
  • mancata immissione nell’ambiente di calore

 

Il dimensionamento del sistema solare termico avviene considerando da una parte dal numero delle persone che abitano nell’edificio, utilizzo del sistema, solo produzione acqua calda sanitaria e/o integrazione nell’impianto di riscaldamento,  e dall’altra dai seguenti fattori:

  • Ubicazione geografica dell’impianto, per determinare la radiazione solare annua e la producibilità dell’impianto;
  • estensione della superficie disponibile per installazione dei collettori;
  • possibile orientamento ed inclinazione dei collettori;
  • possibili ombreggiamenti;
  • disponibilità di spazi idonei per collocare il serbatoio d’accumulo;

 

I collettori devono essere preferibilmente orientati verso Sud con un’inclinazione ottimale, per Milano, di 50/60° senza alcun ombreggiamento di ostacoli nelle vicinanze.

Sulla base di queste semplici informazioni, rilevabili durante opportuno sopralluogo, lo Studio Tecnico può effettuare l’analisi di fattibilità dell’impianto idoneo alle tue necessità.

POMPE DI CALORE

La pompa di calore è una macchina in grado di trasferire calore da un ambiente a temperatura più bassa ad un altro a temperatura più alta, utilizzando una quantità di energia elettrica minore di quella termica erogata.

I vantaggi della pompa di calore sono:

  • coefficiente di prestazione (COP) vantaggioso (consuma 1 kWh elettrico per produrre fino a 4 kWh termici);
  • non è necessario disporre di un locale caldaia;
  • manutenzione annuale non obbligatoria;
  • il sistema è reversibile, quindi in estate può raffreddare gli ambienti.

La pompa di calore è costituita da un circuito chiuso, percorso da un refrigerante che, a seconda delle condizioni di temperatura e di pressione in cui si trova, assume lo stato di liquido o di vapore. Senza addentrarci in una descrizione del funzionamento della pompa di calore, in queste condizioni il refrigerante assorbe calore (stato gassoso) e lo cede all’esterno (stato liquido)
 
Durante il funzionamento della pompa di calore si hanno: un consumo di energia elettrica nel compressore, un assorbimento di calore dall’ambiente circostante nell’evaporatore ed una cessione di calore all’ambiente da riscaldare nel condensatore. Il vantaggio dell’impiego della pompa di calore sta nel fatto che tale sistema consente di fornire più energia (sotto forma di calore, forma di energia poco pregiata) di quella elettrica (forma di energia pregiata) necessaria al funzionamento.

L’ambiente da cui si estrae calore è la sorgente fredda. Le principali sorgenti fredde sono aria, acqua e terreno. Il fluido vettore da scaldare è generalmente acqua o aria. Nel condensatore il fluido refrigerante cede al fluido vettore  sia il calore prelevato dalla sorgente che l’energia fornita dal compressore. Il calore può poi essere ceduto all’ambiente mediante normali radiatori. In base alla sorgente fredda e al fluido vettore  utilizzato le pompe di calore possono essere:

  • aria – acqua,
  • terra – acqua,
  • acqua – acqua,
  • aria – aria,
  • acqua – aria.

Le prestazioni di una pompa di calore variano sensibilmente in funzione delle temperature di sorgente fredda e del fluido vettore. In particolare, più queste temperature sono vicine migliori sono le prestazioni, sia in termini di potenza fornita che in termini di rapporto tra energia termica fornita ed energia elettrica assorbita.

Le sorgenti di energia possono essere:

Aria – Per quanto riguarda le differenti sorgenti fredde l’aria ha il vantaggio di essere disponibile ovunque e di non necessitare di autorizzazioni per il prelievo, contrariamente all’esecuzione di uno scambiatore nel terreno, di un pozzo di presa d’acqua di falda. L’aria è la sorgente ambientale più utilizzata, ma il suo svantaggio è la sua esigua capacità termica che richiede grandi quantità d’aria che devono essere fornite all’evaporatore. Per un fabbisogno di calore di 10 kW occorrono circa 4.000 m3/h. L’aria può essere quella esterna, quella del locale in cui è installata la pompa, oppure quella in uscita dal sistema di ventilazione. L’aria esterna ha però lo svantaggio di subire grandi variazioni di temperatura e spesso in inverno scende sotto zero. A questa temperatura, il COP diminuisce rapidamente e lo sfruttamento dell’aria è possibile solo in regime bivalente. Per questo motivo l’uso dell’aria interna (calda) è più vantaggioso.

Acqua – L’acqua di falda sotterranea, di lago o di un fiume ma anche l’acqua reflua costituisce anch’essa un’interessante sorgente termica. Il suo uso, tuttavia è limitato alle zone in cui è possibile estrarre l’acqua ad un costo interessante (vicino alla riva o in presenza di falde a debole profondità). La temperatura dell’acqua di falda e di un pozzo è più stabile e questo garantisce maggiori prestazioni da parte della pompa. La temperatura dell’acqua di falda varia durante l’anno al massimo di 8-10°C. Lo sfruttamento di questa sorgente consente un regime monovalente della pompa di calore e rende il COP abbastanza stabile.

Terra – La Terra è in grado di fornire dell’energia termica, da considerare  rinnovabile a tutti gli effetti. Infatti, sia le precipitazioni, sia le reazioni naturali che hanno luogo nel sottosuolo, sia il calore che fluisce dal centro della terra verso la superficie, mantengono il sottosuolo a temperature praticamente costanti durante tutto l’anno (a parte i primissimi metri, che subiscono l’influenza dell’inverno), complice anche l’enorme inerzia termica.

In questo caso possiamo differenziare tra sistemi a collettori e a pozzi. I collettori sono batterie di tubi interrati in cui circola un fluido che assorbe il calore della terra. 
 
Il sistema richiede ampie superfici di terreno non edificate e non ostruite. L’acqua fredda rilasciata dalla pompa di calore si riscalda sotto terra, ma la temperatura che assume dipende dalla lunghezza dei tubi. Per essere efficace il sistema richiede un’area da 2 a 3 volte superiore rispetto alla superficie dei locali da riscaldare. Il calore estratto dalla terra non deve superare quello fornito dal sole. Il limite è di circa 20-40 W/m2 e dipende dal tipo di terra. Estraendo troppo calore dalla terra, la stessa si raffredderebbe e non servirebbe più come sorgente energetica. Nel caso di impianti monovalenti occorre un collettore con una superficie corrispondente al 100-150% di quella che si vuole riscaldare. Un impianto bivalente elettrico ne richiede invece solo la metà. 
 
I pozzi sono invece tubi verticali che non richiedono elevate aree di terreno e possono raggiungere una profondità di centinaia di metri. Questi pozzi consentono un regime monovalente della pompa di calore con un COP quasi costante.  Da ciascun pozzo si può ottenere un guadagno di calore di 4-6 kW.
Le temperature del sottosuolo, fino a 100-200 m di profondità si aggirano sui 10-15 gradi circa (il gradiente termico superficiale da noi è di ca. 3°C/100m). La tecnica di estrazione del calore consiste nel praticare un foro verticale nel terreno per ca. 80-120 m e nell’inserirvi dei circuiti chiusi percorsi da una soluzione di acqua miscelata con antigelo. La soluzione viene portata alla pompa di calore che la utilizza come sorgente fredda. Grazie al fatto che il terreno è a temperatura costante durante tutto l’anno, la pompa di calore mantiene sempre un’efficienza elevata di lavoro.

 Lo Studio Tecnico può effettuare l’analisi di fattibilità, a seguito di eventuale sopralluogo, dell’impianto idoneo alle tue necessità
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FOTOVOLTAICO

Il nuovo “Conto Energia” ha semplificato la procedura di installazione degli impianti fotovoltaici e di accesso alle tariffe incentivanti, rendendo facile e conveniente la produzione di energia elettrica dal sole. Inoltre con la pubblicazione del DLgs 30/5/08 n. 115 si introducono ulteriori semplificazioni per l’installazione di impianti solari (termici e fotovoltaici). Infatti l’installazione di un impianto solare, termico o fotovoltaico, rientra nella manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla denuncia di inizio attività (DIA), questo nel caso che l’impianto non modifichi la sagoma dell’edificio stesso, impianto solare aderente od integrato nel tetto dell’edificio (stesso orientamento ed inclinazione della falda).

Gli impianti fotovoltaici permettono la produzione di elettricità senza l’impiego di alcun combustibile, con scarsa manutenzione e secondo le necessità dell’utente, con una fonte d’energia gratuita ed inesauribile: il Sole. Inoltre ogni kilowattora prodotto da un impianto fotovoltaico, evita l’emissione in atmosfera di anidride carbonica; si riduce così l’effetto serra e l’inquinamento ambientale, oltre ad avere energia elettrica gratuita ed incentivata.

Studio Tecnico si occupa dell’analisi e progettazione, della tipologia d’impianto idonea per il tuo sito d’installazione e sulla base dei tuoi consumi elettrici riscontrabili dalle bollette del fornitore dell’energia, con la successiva realizzazione ed assistenza degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, supportando il cliente nel conseguimento delle autorizzazioni e delle concessioni richieste per l’installazione degli impianti, nonché della realizzazione della documentazione necessaria per la richiesta della tariffa incentivante, finanziamenti pubblici al fine di massimizzare il ritorno dell’investimento.

I principali vantaggi di un impianto fotovoltaico sono:

  • aumento del valore della vostra proprietà;
  • riduzione delle tue fatture di energia elettrica, dal momento che la luce del sole è gratuita;
  • fonte di energia pulita che aiuta a ridurre il riscaldamento ed inquinamento globale;
  • bassa manutenzione, con un lungo ciclo di vita funzionale di 30 anni o più dell’impianto;
  • nessun rumore o vibrazione durante il funzionamento.

 

               Conto Energia

Le tariffe incentivanti stabilite dal “Conto Energia”, per tutta l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico, vengono corrisposte per 20 anni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto.

Nell’impianto integrato i moduli fotovoltaici sostituiscono, in tutto o in parte, la funzione degli elementi edilizi. Nell’impianto parzialmente integrato i moduli fotovoltaici sono semplicemente appoggiati agli elementi edili esistenti (tipico impianto fotovoltaico con i moduli appoggiati sulla falda del tetto).

Per semplificare l’individuazione delle tipologie d’impianto il GSE (Gestore dei Servi Elettrici) ha realizzato una guida che illustra in dettaglio le diverse installazioni in modo da poter definire la corretta tipologia d’installazione. La guida GSE può essere consultata direttamente sul sito www.gsel.it.

L’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico  viene ricompensata con la tariffa incentivante con il contratto “scambio sul posto”. La rete pubblica in questo caso serve per compensare gli scambi di energia, si preleva energia dalla rete quando l’energia fotovoltaica non è sufficiente o non è disponibile, esempio di notte, si immette in rete l’energia fotovoltaica quando eccede i propri consumi.

Le tariffe incentivanti riportate in tabella sono incrementate del 5% nei seguenti casi:

  • Impianti integrati in edifici, fabbricati, strutture edilizie con destinazione agricola in sostituzione di coperture esistenti in eternit o contenenti amianto;
  • Scuola pubblica o struttura sanitaria pubblica;
  • Ente locale con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti
  • Autoproduttore con consumo del 70% dell’energia prodotta dall’impianto con potenza superiore a 3 kW non integrato.

La copertura in Eternit può essere sostituita da una nuova con integrato dei moduli fotovoltaici, di tipo amorfo o cristallino, con il contributo da parte della produzione di energia con fonti alternative  ( “Conto Energia”), con il massimo della tariffe incentivante, essendo impianto totalmente integrato, e con ulteriore incremento del 5% come contributo per la sostituzione della vecchia ed inquinante copertura in Eternit.

 

Inoltre è prevista una maggiorazione alla tariffa incentivante, fino ad un massimo del 30%,  per quegli impianti fotovoltaici installati negli edifici interessati ad interventi per il miglioramento dell’efficienza energetica di almeno il 10%.

              

Tipologia impianto fotovoltaico

Le tipologie dell’impianto fotovoltaico sono essenzialmente due:

  • Impianti per alimentazione di utenze isolate (stand alone), tipiche installazioni senza presenza delle rete pubblica;
  • Impianti per alimentazione di utenze connesse alla rete (grid connected), tipiche installazioni collegate alla rete pubblica con cessione dell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, non consumata per i propri fabbisogni.

Negli impianti per l’alimentazione delle utenze isolate (rifugi, impianti di pompaggio, ponti radio ecc) la continuità d’alimentazione è assicurata da una batteria d’accumulatori dimensionata in modo opportuno per sopperire ai periodi di bassa insolazione (notte, nuvole ecc).

 

Negli impianti per l’alimentazione di utenze connesse alla rete, l’energia elettrica prodotta viene autoconsumata con l’effetto di ridurre i costi della bolletta energetica. La rete elettrica funziona come riserva di energia da utilizzare quando l’impianto fotovoltaico non ne produce abbastanza. L’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico viene remunerata secondo le tariffe incentivanti del “Conto Energia”, un contatore bidirezionale  provvede a calcolare la differenza tra energia elettrica immessa ed assorbita dall’utente, e stabilisce l’eventuale credito energetico per l’anno successivo (scambio sul posto).

Ciò significa che, durante il giorno, l’energia elettrica generata dall’impianto fotovoltaico può essere utilizzata immediatamente (il che è normale per i sistemi installati su abitazioni, uffici e altri edifici commerciali), o può essere venduta a una delle imprese di fornitura di energia elettrica. In serata, quando il sistema solare non è in grado di fornire l’energia elettrica necessaria, la potenza può essere acquistata indietro dalla rete.

I sistemi fotovoltaici possono essere incorporati in edifici in vari modi. I tetti spioventi sono un luogo ideale, in cui i moduli possono essere montati semplicemente. In aggiunta, l’impianto fotovoltaico può anche essere integrato come costruzione di facciate, tettoie e molte altre applicazioni.

               Componenti impianto fotovoltaico

L’impianto fotovoltaico è costituito dai seguenti moduli principali:

  • Moduli fotovoltaici: i dispositivi che assorbono la luce solare;
  • Inverter: dispositivo che converte la corrente continua del generatore fotovoltaico in corrente alternata per essere utilizzata o immessa nella rete di distribuzione pubblica;
  • Gruppo di misura: dispositivo per la misura dell’energia prelevata ed immessa in rete.

Il dimensionamento dell’ impianto fotovoltaico avviene principalmente considerando da una parte i consumi storici dell’utente, valori riscontrabili dalle bollette dell’ente fornitore dell’energia elettrica, e dall’altra dai seguenti fattori:

  • Ubicazione geografica dell’impianto, per determinare la radiazione solare annua e la producibilità dell’impianto;
  • estensione della superficie disponibile per installazione dei moduli fotovoltaici;
  • possibile orientamento ed inclinazione dei moduli;
  • possibili ombreggiamenti;
  • disponibilità di spazi idonei per collocare inverter, quadri, gruppo di misura dell’energia prodotta;
  • disponibilità finanziarie del cliente per l’investimento, diretto a tramite finanziamento.

I moduli fotovoltaici devono essere preferibilmente orientati verso Sud con un’inclinazione ottimale, per Milano, di 35° senza alcun ombreggiamento di ostacoli nelle vicinanze.

Sulla base di queste semplici informazioni, rilevabili durante opportuno sopralluogo, lo Studio Tecnico può effettuare l’analisi di fattibilità dell’impianto idoneo alle tue necessità.

LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA

Studio Tecnico  è in grado di offrire il servizio di certificazione energetica. L’obbligo di certificazione energetica è conseguente al recepimento delle direttive nazionali in materia di certificazione energetica ed in particolare dai d.lgs. 192/05 e dal successivo d.lgs. 311/06, in vigore dal 1 febbraio 2007. La regione Lombardia ha recepito tale imposizione con diversi decreti regionali di cui l’ultimo è il DGR VIII/5773. Questo obbligo sarà esteso progressivamente a tutto il territorio nazionale.

Semplificando il concetto la certificazione energetica indicherà quanto consuma un’abitazione mettendo in relazione ciò che produce calore (l’impianto previsto) con ciò che lo disperde (le pareti, i finestre, porte etc. ). Il valore ottenuto, a seguito di misurazioni e calcoli, sarà poi associato all’abitazione. Maggiore è la classe energetica, minore sarà il consumo dell’abitazione e di conseguenza maggiore sarà il valore commerciale.  Come viene scelto un’elettrodomestico di classe energetica elevata (A o A+) pertanto con bassi consumi, in futuro nella valutazione di scelta di un immobile, oltre ai normali parametri attualmente esaminati (posizione, accessibilità ai servizi, rumore ecc), si considererà il suo consumo energetico. La certificazione energetica sarà un ulteriore parametro che influirà sul valore dell’abitazione e nel prossimo futuro sarà una discriminante molto forte nel mercato immobiliare.

Naturalmente sarà più “semplice” certificare una nuova costruzione, in quanto saranno disponibili le documentazioni tecniche degli impianti e della costruzione mentre sarà “complicato e laborioso” per edifici di non recente costruzione causa la mancanza o la non completa documentazione costruttiva e degli impianti realizzati.

Studio Tecnico  tramite lo staff tecnico è in grado di poter soddisfare le richieste di certificazione energetica oltre a proporre soluzioni impiantistiche con l’impiego di energie alternative sia per la produzione di calore che di energia elettrica.

 

 

 

LA CALDAIA A CONDENSAZIONE

Caldaia a condensazione, come funziona e perché utilizzarla!

 

Le caldaie a condensazione sono una tecnologia moderna ed ecologica per il riscaldamento domestico e la produzione di acqua calda sanitaria, in grado di assicurare rendimenti di combustione molto elevati grazie alla loro peculiare capacità di recuperare parte del calore latente contenuto nei fumi espulsi attraverso il camino.

La continua crescita del costo dei combustibili ha portato l’industria a creare prodotti sempre più efficienti e meno inquinanti. 

Il termine “a condensazione” deriva dal fatto che nella caldaia c’è un particolare scambiatore che cattura il calore dei fumi di scarico, che altrimenti andrebbe persi insieme con i fumi, fino a far condensare i gas di scarico per poter catturare quel calore latente che è intrappolato nel vapore acqueo.

 

L’effetto ricercato è insomma quello di recuperare la quota di calore che corrisponde al cambiamento di stato da vapore ad acqua.

Per garantire le più elevate prestazioni e la massima affidabilità, lo scambiatore presenta caratteristiche particolari, tra cui la presenza di ampie superfici di scambio per ottimizzare il recupero del calore e l’impiego di materiali resistenti all’aggressione chimica della condensa per la sua realizzazione.

L’utilizzo di caldaie a condensazione garantisce il miglior risparmio energetico attualmente realizzabile nel caso ovviamente di fonte convenzionale, gas metano o GPL. 

Un caldaia a condensazione, in genere, è un concentrato di alta tecnologia infatti, oltre allo scambiatore costruito con materiali speciali in grado di resistere all’aggressione chimica della condensa, con sezioni ottimizzate e superfici di scambio molto estese per recuperare la maggiore quantità di calore, esistono anche altri accorgimenti tecnologici che concorrono a migliorarne l’efficacia.

Tra i più utili il controllo elettronico della combustione e l’impiego di un bruciatore, tecnologicamente avanzato costruito con particolari materiali, premiscelato, modulabile e con una accurata progettazione delle geometrie costruttive della camera di combustione.

 

La caldaia a condensazione, a parità di energia fornita, ha un consumo di combustibile inferiore rispetto ad una caldaia di tipo tradizionale: è possibile recuperare tramite la condensazione del vapore acqueo contenuto nei gas di scarico fino al 16-17% di energia.

Queste caldaie esprimono il massimo delle prestazioni quando vengono utilizzate con impianti funzionanti a bassa temperatura (30-50°C), come ad esempio con impianti a riscaldamento a pavimento.

La ragione delle alte prestazioni è sviluppata dalla capacità di sfruttare buona parte del calore latente contenuto nei gas di scarico, che nelle normali caldaie vengono semplicemente espulsi dal camino, a temperature molto alte.

 

Nelle caldaie a condensazione, invece, i fumi di scarico vengono fatti transitare attraverso lo scambiatore-condensatore, in cui il vapore acqueo contenuto nei fumi di combustione viene raffreddato e si condensa, cedendo all’impianto una quota supplementare di calore.

Il raffreddamento dei fumi di scarico fino a 40-50 °C, tramite lo scambiatore-condensatore, avviene grazie alle temperature relativamente basse (circa 30 °C) dell’acqua di ritorno del sistema di riscaldamento.

Il fenomeno della condensazione avviene quando il vapore acqueo, contenuto nei fumi di combustione del metano e circolante nello scambiatore-condensatore, scende sotto il cosiddetto “punto di rugiada”, corrispondente a circa 54 °C. Scendere sotto il punto di rugiada significa innescare quel processo di condensazione, in grado di sottrarre buona parte del calore latente contenuto nel vapor d’acqua e di trasmetterlo all’acqua di ritorno del riscaldamento, aumentando così il rendimento della caldaia.

Se le caldaie ad alto rendimento presentano rendimenti nominali intorno al 90%, quelle a condensazione raggiungono valori anche del 108-109%.

 

Questo si spiega con il fatto che i calcoli sul rendimento delle caldaie vengono elaborati sulla base del potere calorifico inferiore,calore sensibile, del combustibile, cioè sulla quantità di energia estraibile, in questo caso dal gas metano, senza tenere conto del calore latente ricavabile dalla condensazione del vapor d’acqua ,mentre invece il potere calorifico superiore ne tiene conto.

Il rapporto tra potere calorifico superiore e inferiore del gas metano è di 1.11, vi è una differenza cioè dell’11%.

Uno dei fattori principali che influisce positivamente sul rendimento di una caldaia a condensazione è la temperature dell’acqua di ritorno del sistema di riscaldamento; a temperature molto basse, corrisponde un migliore sfruttamento del calore latente e di conseguenza un migliore rendimento della caldaia.

 

Questo significa che i sistemi di riscaldamento funzionanti a basse temperature, come gli impianti a pannelli radianti, con temperature dell’acqua circolante, mandata e ritorno, di 40-30 °C, sono quelli in cui le caldaie a condensazione dimostrano la massima efficacia.

La migliore opzione, come già sottolineato, consiste nell’abbinare una caldaia a condensazione con un impianto di riscaldamento a pannelli radianti, funzionante a basse temperature.

Questa soluzione risulta facilmente praticabile se si tratta di nuovi impianti ancora da realizzare, mentre, nel caso in cui si preveda l’installazione di una caldaia a condensazione e la contestuale posa di pannelli radianti per sviluppare un impianto a sostituzione dell’esistente a termosifoni, occorre valutare i maggiori costi dovuti alle opere accessorie, relative alle piastrelle e assistenze edili.

 

L’installazione di caldaie a condensazione è compatibile anche se si intenda installare un sistema di riscaldamento a radiatori o ventilconvettori, oppure lo si possiede già.

Bisogna in questo caso prestare particolare attenzione ad alcuni dettagli tecnici, poiché, come si è già visto, le caldaie a condensazione offrono le massime prestazioni quando l’acqua circola a basse temperature.

 

L’acqua calda che alimenta un impianto a radiatori è di solito impostata su temperature di mandata di 70-80 °C, indispensabili per riscaldare un edificio nelle giornate invernali più fredde, mentre l’acqua di ritorno è di circa 60 °C.

In questo caso però, la resa della caldaia a condensazione, non potrà essere pari a 108-109% in quanto il suo utilizzo non è coerente con l’idea di progetto della caldaia.

 

Tuttavia, dal momento che il dimensionamento degli impianti termici viene realizzato sulla base delle temperature esterne più rigide,la temperatura di progetto, nei periodi meno freddi della stagione, è possibile mantenere delle temperature dell’acqua su valori più bassi.

Esistono caldaie a condensazione dotate di una sonda di rilevazione della temperatura esterna, collegata ad una centralina di controllo; in questo modo, la temperatura dell’acqua da inviare ai radiatori si regola automaticamente, diminuendo all’aumentare della temperatura esterna.

 

Questo fa sì che la caldaia a condensazione funzioni come una normale caldaia (cioè senza condensazione) soltanto nei giorni più freddi, mentre per tutto il restante periodo le basse temperature dell’acqua di ritorno permettono di condensare il vapore acqueo contenuto nei gas di combustione e di apportare quindi tutti i tipici benefici delle caldaie a condensazione.

 

Bisogna infine sottolineare che le caldaie a condensazione risultano particolarmente indicate in integrazione con impianti solari termici progettati per il riscaldamento degli edifici

Nei prossimi interventi tratteremo a supporto del presente articolo, l’installazione di impianti a pannelli radianti, impianti solare termico a supporto del riscaldamento e per la produzione di acqua calda sanitaria.

 

Ing. Roberto Boffi

 

PUBBLICATO GT 009/2011

CEI 64/08 VERSIONE 3

Ambienti residenziali – norma CEI 64-8 V3

 

La nuova variante 3 della norma CEI 64-8, modifica alcuni articoli della Norma e introduce un documento (allegato A) dal titolo “Ambienti residenziali – Prestazioni dell’impianto”, che fornisce prescrizioni addizionali, ai fini   delle   prestazioni   e   della   fruibilità   dell’impianto   elettrico   dell’unità   immobiliari   situate all’interno dei condomini e delle abitazioni uni e pluri familiari.

Le   prescrizioni   dell’allegato   si   applicano   ai   nuovi   impianti   ed   ai   rifacimenti   completi,  realizzati successivamente al 1/09/2011. Le principali novità riguardano gli interruttori differenziali e le dotazioni minime degli impianti, all’interno degli ambienti residenziali.

Sono esclusi dal campo di  applicazione  di questa variante,  gli  impianti elettrici dei servizi condominiali e quelli previsti nelle  unità abitative  degli edifici pregevoli,  per   arte   e   storia.   

 

 

Interruttori differenziali

 

La necessità di ridurre i consumi e l’impatto ambientale degli elettrodomestici, normalmente utilizzati tra le mura domestiche, sta spingendo verso una più diffusa adozione dei sistemi di controllo elettronici, l’ecologia porta ad aumentare l’innovazione, al fine di ottenere degli elettrodomestici con consumi sempre più ridotti.

 

Infatti, il maggiore contenuto di elettronica negli elettrodomestici di ultima generazione si traduce in un miglioramento dei consumi, con un impatto notevole sui consumi di energia elettrica, e quindi sulla bolletta pagata dalle famiglie, ed a una conseguente riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Oggi, grazie ai controlli elettronici, una lavatrice di ultima generazione consuma circa il 15% di elettricità in meno e quasi il 90% di acqua in meno di 10 anni fa. I frigoriferi più efficienti attualmente disponibili in commercio consumano solo un quarto dell’elettricità rispetto ai modelli del 1990.

 

Inoltre la comunità Europea ha recepito dal gennaio 2001 la norma IEC 1000-3-2, che richiede per gli apparecchi con potenza superiore a 75W la correzione del fattore di potenza  (Power Factor Correction). Di conseguenza, i produttori di elettrodomestici includono dei dispositivi di controllo del fattore di potenza, normalmente  usati nelle applicazioni industriali.

 

I requisiti di protezione

 

Questo incremento, nell’impiego di apparecchiature con dispositivi di tipo elettronico anche  in  ambiente civile, può determinare in occasione di un guasto di isolamento, correnti di dispersione verso terra con componenti non sempre sinusoidali, ma sovente anche del tipo unidirezionale, pulsanti o continue. In situazioni come queste, un dispositivo differenziale tradizionale non è sempre idoneo a funzionare correttamente.

In relazione alle correnti di dispersione, a cui l’interruttore differenziale è sensibile, le norme prevedono una classificazione in tre tipi, AC, A e B, come evidenziato in tabella 1. In questa trattazione non si esaminano i differenziali selettivi tipo S, ed immuni da scatti intempestivi.

 

Caratteristica di funzionamento tipo AC        

L’interruttore differenziale di tipo AC assicura l’intervento solo per correnti differenziali di forma sinusoidale, cioè la medesima forma d’onda della tensione di rete.

Pertanto intervengono correttamente per correnti di tipo sinusoidale, applicate istantaneamente o lentamente crescenti, rendendoli però poco sensibili alle correnti verso terra, con componenti continue, con conseguente non intervento del dispositivo.

 

Caratteristica di funzionamento tipo A        

Sono interruttori che funzionano correttamente, entro i limiti stabiliti dalle norme, in presenza sia di correnti di guasto verso terra di tipo alternato, sia di tipo alternato con componenti pulsanti unidirezionali, applicate istantaneamente o lentamente crescenti. Pertanto sono adatti sia per le correnti di tipo sinusoidale, sia per le correnti pulsanti con componente continua.  

Sono raccomandabili in impianti in cui sono installati  componenti elettronici, che possono determinare verso terra correnti raddrizzate.

Caratteristica di funzionamento tipo B        

Sono interruttori che funzionano correttamente, entro i limiti stabiliti dalle norme, in presenza sia di correnti di guasto verso terra di tipo alternato (sinusoidali fino a 1000Hz), sia di tipo alternato con componenti unidirezionali di tipo continuo, applicate istantaneamente o lentamente crescenti.

 


                                                 Tabella 1 – Interruttori differenziali

La   protezione  contro   i  contatti  indiretti  nei  sistemi  TT, normalmente previsti negli ambienti residenziali,  è   in  genere   affidata   all’interruttore differenziale coordinato con l’impianto di terra, secondo la nota  Rt  ≤ 50 V /  Idn.

L’interruttore differenziale per uso domestico è tipicamente di tipo AC (Norme EN 61008-1 e

EN 61009-1), il cui sgancio è assicurato, come visto sopra, solamente  per correnti differenziali alternate sinusoidali.

Pertanto questo tipo di protezione tradizionale, in presenza di elettrodomestici che utilizzano circuiti elettronici, potrebbe non garantire più un livello accettabile di sicurezza ( intervento    per correnti  più elevate, o non intervenire affatto).

 

Per questo motivo, la nuova variante raccomanda l’installazione di interruttori differenziali di tipo A o di tipo B (secondo IEC 62423), in base alle possibili forme d’onda, delle correnti di guasto, dei vari apparecchi elettrici utilizzatori protetti dall’interruttore differenziale.

 

 

Ambienti residenziali

 

L’articolo 314.1 della norma CEI 64-8, richiede che ogni impianto deve essere suddiviso in più circuiti per:

  • evitare pericoli e ridurre inconvenienti in caso di guasto;
  • facilitare le ispezioni, le prove e la manutenzione in condizioni di sicurezza;
  • tenere conto dei pericoli che potrebbero derivare da un guasto di un singolo circuito, come per es. un circuito di illuminazione;

 

La variante 3 della CEI 64-8 aggiunge, a questo articolo, di fare riferimento all’allegato A, per la suddivisione e dimensionamento dell’impianto.

 

Dimensionamento dell’impianto

 

Il dimensionamento e le dotazioni dell’impianto elettrico, secondo la variante, devono comunque essere conseguenti all’accordo tra il progettista, l’installatore dell’impianto ed il committente, in base alle sue esigenze impiantistiche, ma la variante introduce criteri e dotazioni minimi, facendo riferimento a tre livelli di prestazioni, e precisamente:

 

  • Livello 1 : dotazione   minima   perché   l’impianto   elettrico   possa   considerarsi 

                            conforme  alla   norma  CEI   64-8.  

  • Livello 2 : intermedio;
  • Livello 3 : dotazioni impiantistiche ampie ed innovative (domotica).

 

Per ogni livello, in funzione della superficie dell’appartamento, sono previsti un numero minimo di circuiti, in cui suddividere l’impianto elettrico, e in funzione della metratura/superficie o della tipologia del locale d’installazione un  numero  minimo di punti-prese, punti-luce, prese TV, prese telefono e servizi ausiliari.

 

Il committente, qualora decida di installare un nuovo impianto elettrico oppure di rinnovarlo, potrà chiedere all’installatore e progettista  la realizzazione dell’impianto di livello 1, 2 o 3, dove il livello 1 individua la configurazione minima perché possa essere considerato a norma.

I livelli 2 e 3 aumentano le prestazioni dell’impianto, e quindi la sua fruibilità tenuto anche conto delle altre dotazioni impiantistiche presenti.

 

In  particolare,   il livello 1 (impianto minimo)   prevede:  

  • un  numero   minimo   di   punti-prese   e punti-luce,  in  funzione della metratura o  della tipologia  di ogni locale  dell’appartamento; 
  • un numero minimo di circuiti, in funzione della metratura dell’appartamento;
  • almeno 2 interruttori differenziali, al fine di assicurare un’adeguata continuità di servizio.

 

Il livello 2, rispetto al livello 1, prevede un aumento della dotazione e dei componenti, oltre che

alcuni servizi ausiliari quali il videocitofono, antiintrusione e il controllo carichi.

 

Il livello 3, oltre a un ulteriore aumento delle dotazioni, introduce la domotica che va anche a

beneficio   del   risparmio   energetico   all’interno   dell’abitazione.   L’impianto,   per   essere

considerato   domotico,  deve gestire almeno quattro delle seguenti funzioni:

gestione scenari, gestione comando luci, gestione temperatura, controllo remoto, antiintrusione,   controllo carichi, sistema diffusione sonora,  rilevazione incendio, sistema antiallagamento e/o rilevazione gas.

L’elenco è solamente indicativo e non esaustivo, l’impiego di singole funzioni domotiche possono essere integrate anche nei livelli 1 e 2.

 

Per unità abitative con superficie fino a 75m2  la potenza impegnata, con il distributore d’energia , deve essere almeno di 3kW, 6kW per superficie maggiore. Per  assicurare   una   continuità   di  servizio,   la   protezione   differenziale   deve   essere prevista   su   almeno   due   interruttori.

L’interruttore generale, se differenziale,  deve garantire la selettività totale nei confronti di tutti gli

interruttori a valle, oppure deve essere dotato di dispositivo di richiusura automatica.

 

Altri consigli previsti dalla variante sono:

 

  • le prese TV in ambienti quali soggiorno, camera da letto, studio devono avere accanto la predisposizione per 6 prese energia. Eventuali prese TV, in altri ambienti devono avere accanto almeno una presa energia;
  • ogni presa dati o telefonica deve avere installata accanto almeno una presa energia;
  • l’interruttore luce, di ogni locale, deve essere installato in prossimità della porta;
  • una presa deve essere installata in prossimità della porta;
  • i  punti  prese   della   cucina,   e   il  punto   presa   destinato   ad   alimentare   la lavabiancheria, devono essere in grado di ricevere una spina S30 (schuko);
  • di predisporre, in prossimità del   tubo   di   ingresso   del  gas,   l’alimentazione   elettrica   per   una eventuale   elettrovalvola   di intercettazione del gas;
  • nel locale cucina devono essere previsti, oltre ai punti prese del locale, dei punti presa sul piano di lavoro (numero tra parentesi in tabella 2).

 

La tabella 2, ripresa dall’allegato A della norma CEI 64-8 V3, evidenzia per i differenti livelli d’impianto le dotazioni minime.

Ing. Roberto Boffi

PUBBLICATO GE 005/2011